Cominciamo da un aspetto tutto sommato secondario. Una cosa per me intollerabile e' quando, parlando della legge 194, solitamente a favore, il commentatore di turno si sente in dovere di dire "Per la donna l'aborto e' sempre un dramma", "Ricordiamoci che per la donna l'aborto e' sempre una tragedia" ecc. Si', le donne abortiscono, ma non lo fanno perche' sono malvage e assassine: esse soffrono. Non partorirai con dolore, sta volta, ma almeno rassicuriamo sul fatto che abortirai con dolore. Mi dico: cosa c'entra il dolore della donna con una legge? Perche' questo particolare dovrebbe interessare il commentatore, il legislatore, il giornalista, l'omino del bar? Perche' dovrebbe portare un Ferrara a vedere con occhi diversi l'intera questione?
Le donne che abortiscono ci ripensano. Pensano a cosa sarebbe stato del bambino, della bambina, cosa avrebbero fatto insieme. Alcune. Alcune no.
Dal 1997 ho accompagnato ad abortire decine e decine di donne. Era parte integrante del mio lavoro. Le donne che accompagnavo erano tutte straniere, quasi tutte clandestine, tutte prostitute. Per alcune e' stato un dramma. Per alcune no. A fare un stima grossolana, l'80% delle donne era al secondo aborto o oltre. Una donna bosniaca era all'ottavo aborto, il primo in Italia. A volte era un dramma per l'accompagnatrice, diciamolo. Le ragazze nigeriane che accompagnavo si stupivano che in Italia bisognasse portare la camicia da notte, le pantofole. In Nigeria lo facevano all'ambulatorio del dottore. Qualcuna, diciamo un tre o quattro, era rimasta incinta apposta, per vedere se poteva avere figli, in un'ossessione di fertilita'. Una volta controllato, andava ad abortire. Per lei il bambino era il bambino. Essere incinta non era il bambino. Tra le donne nigeriane c'e' una diffusa sapienza abortiva. Quando non si faceva in tempo a prendere l'appuntamento nelle 12 settimane, oppure quando non avevano voglia di coinvolgere noi operatrici, l'ospedale, il mondo ostile che le vuole cacciare via, facevano in casa col Cytotec. E' un farmaco antiulcera che provoca contrazioni uterine come effetto collaterale: se la contrazione uterina e' quello che cerchi, basta avere la ricetta, che la loro maman trovava sempre, magari a Roma, a Napoli, e si abortisce in casa, gambe larghe sul divano, bacinella per il sangue. Noi avevamo fatto anche un volantino sulla pericolosita' del Cytotec. Eppure rimaneva comodo.
Varie ragazze, molte dell'est, abortivano privatamente. Da medici della zona. Lo segnalammo anche ai Carabinieri, le ragazze ce lo dicevano tranquillamente, non avevano del tutto chiaro che fosse contro la legge. I Carabinieri sostennero che un'indagine era gia' in corso. Non si e' saputo piu' niente pero'. Sapevo anche i luoghi di un paio di ambulatori, adesso mi rendo conto che li ho dimenticati. Almeno nell'ambulatorio qualche basilare regola di igiene era seguita. Il dottore indossava il camice. Costavano sui 4 milioni/2milla euro. Manco carissimi.
Una volta una ragazza albanese ha abortito all'ottavo mese. In Liguria. E' andata e tornata. Ce l'hanno portata, lei chissa' se voleva o non voleva, era abbastanza devastata dalla vita. Abbiamo fatto di tutto per convincerla che l'avremmo aiutata, ce l'avremmo fatta insieme a vivere meglio, che se voleva il bambino poteva tenerlo o senno' poteva lasciarlo all'ospedale, era una cosa perfettamente a posto, non doveva seguire per forza quella strada. Non ci ha creduto.
L'analisi di Pasolini sull'uso del sesso nella modernita' mi ha sempre molto interessato. In questo caso: “L’aborto legalizzato è infatti - su questo non c’è dubbio - una enorme comodità per la maggioranza. Soprattutto perché renderebbe ancora più facile il coito - l’accoppiamento eterosessuale - a cui non ci sarebbero più praticamente ostacoli. Ma questa libertà del coito della “coppia” così com’è concepita dalla maggioranza - questa meravigliosa permissività nei suoi riguardi - da chi è stata tacitamente voluta, tacitamente promulgata e tacitamente fatta entrare, in modo ormai irreversibile, nelle abitudini? Dal potere dei consumi, dal nuovo fascismo. Esso si è impadronito delle esigenze di libertà, diciamo così, liberali e progressiste e, facendole sue, le ha vanificate, ha cambiato la loro natura. Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un’ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore. ”(P.P. Pasolini, Il Corriere della sera, 19-1-1975) esce forte una delle caratteristiche di Pasolini pensatore, cioe' il suo completo disinteresse, anzi piu' una non percezione direi, del punto di vista della donna. In verita', il coito eterosessuale non ha mai avuto ostacoli per l'uomo. Era la donna che poteva rimanere incinta e segnata per la vita. Sono d'accordo con la lettura del carattere consumistico della sessualita', ma il superamento non e' certo il mantenerla difficile da praticare, e solo per la donna. Oggi si abortisce meno di quanto si abortisse un tempo. L'infanticidio, pratica diffusissima nei secoli, e' praticamente scomparso. Ricordo quanto mi colpi', leggendo il bel libro di Luisa Passerini "Torino operaia e il fascismo", il ricorso all'aborto continuo, e ricordato come molto normale, da parte delle operaie intervistate. Anche loro abortivano quattro, cinque volte prima di poter tenere un figlio. Andavano da mammane che sapevano come fare, cosi' come si sapeva come far nascere i bambini. Non sapevano come fare a non rimanere incinte. I loro uomini non si ponevano certo il problema.
Veltroni ha l'altro ieri affermato di essere disposto a ridiscutere di prevenzione dell'aborto. Perfetto. Siamo tutti d'accordo. Mettiamoci intorno a un tavolo e parliamo con i cattolici di anticoncezionali.
giovedì 10 gennaio 2008
martedì 8 gennaio 2008
Sul blog di Loredana Lipperini vengono riportati puntualmente molti interventi interessanti sul dibattito, se vogliamo usare una parola grossa, scaturito dalla pagliacciata della moratoria sull'aborto proposta da Ferrara. In attesa di sederci a tavolino e riorganizzare le idee su quel che fare nel nostro piccolo, rimando al link a destra.
domenica 6 gennaio 2008
Hillary e' andata bene al dibattito di ieri, ed e' in testa nei sondaggi per il New Hampshire. Leggevo che Jesse Jackson nel 1988 ha vinto ben 13 stati tra primarie e caucases, non mi ricordavo affatto, e certo non e' stato nominato*. Anche se Jesse Jackson e' tutto un altro tipo di figura, viene dal movimento dei diritti civili, mentre Obama si pone come completamente nuovo proprio perche' fa parte della prima generazione post- civil rights.
* che eco cretina ha ormai questo termine, nell'epoca dei reality show, eh?
* che eco cretina ha ormai questo termine, nell'epoca dei reality show, eh?
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C'e' tutto un mondo intorno,
elezioni in Amerrega
venerdì 4 gennaio 2008
Obama crede nella concordia, crede nel "basta con le divisioni". Le sue idee in verita' non sono molto radicali, sono quasi post-politiche. Ma lui per se e' molto radicale: un nero che vince il caucas, un nero che conduce le primarie. Pensiamo a un nero presidente, a una first lady nera. Non e' nemmeno radicale, e' rivoluzionario. Spero che si siano posti il problema sicurezza.
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lunedì 31 dicembre 2007
Boon e Eugene (e la loro amica Joanne) sono venuti in Italia per le feste, e con Jason li abbiamo raggiunti a Firenze. A Santa Croce, mentre sedevamo sui banchi della chiesa per riposarci, abbiamo sentito un padre americano, rigidissimo, parlare alla figlia di Machiavelli, a writer, a warrior. Ha detto, qui gli hanno dedicato un mausoleo, pensa invece a Ronald Reagan, che ha sconfitto l'impero comunista e noi non gli abbiamo dedicato niente, noi non sappiamo prenderci cura dei nostri eroi. Stavo alzandomi di slancio per intromettermi, che ne so, almeno fargli notare come stava banalizzando la figura di Machiavelli, ma mio marito mi ha sconsigliata. Abbiamo guardato gli affeschi di Giotto e siamo tornati ai banchi (Eugene ha un problema alla schiena e non puo' stare tanto in piedi). Il padre e la figlia adolescente erano stati raggiunti dal resto della famiglia, altre due figlie sui 10/12 anni e il maschio sui quattordici. Tutti biondi, magri, dai visi affilati. All'improvviso l'adolescente ha deciso a prendere a calci il fratello, il quale prima ha provato a schiaffeggiarla, poi ha cominciato a piangere rumorosamente. Il padre li ha guardati irrigidendosi ancora, ha cercato di emettere un you are unbelivable pieno di biasimo, ma la figlia decenne gli si e' messa in punta di piedi davanti, guardandolo negli occhi, sibilando minacciosa in faccia don't you dare, don't you dare doing anything in here. Intanto il ragazzo si e' messo a seguire la sorella maggiore, riuscendo finalmente a prenderla a calci anche lui. Noi siamo usciti. Il pensiero di Ronald Reagan che sconfigge l'impero comunista deve dargli un sacco di sicurezza, a quel signore.
Siamo andati a cena alla trattoria Garga. Sul menu' ci sono gli spaghetti Donna Karan, un omaggio a una cliente abituale. I prezzi erano per me oltraggiosi, proprio concettualmente, ma siccome eravamo ospiti ho comunque ordinato la mia scaloppina all'avocado e non posso nascondere, solo per puntiglio ideologico, quanto fosse squisita. Abbiamo mangiato, parlato, commentato questo e quello, a fine serata (ma erano tipo le nove e mezza) ho iniziato a vedere sempre piu' nero, a sentirmi strana, sono riuscita a dire non mi sento tanto bene, mi sono alzata per farmi accompagnare al bagno, e sono svenuta in mezzo alla sala a occhi sbarrati. Kind of cool.
La morte di Benazir Bhutto mi ha sconvolto.
Carla Bruni invece chi l'ammazza.
Siamo andati a cena alla trattoria Garga. Sul menu' ci sono gli spaghetti Donna Karan, un omaggio a una cliente abituale. I prezzi erano per me oltraggiosi, proprio concettualmente, ma siccome eravamo ospiti ho comunque ordinato la mia scaloppina all'avocado e non posso nascondere, solo per puntiglio ideologico, quanto fosse squisita. Abbiamo mangiato, parlato, commentato questo e quello, a fine serata (ma erano tipo le nove e mezza) ho iniziato a vedere sempre piu' nero, a sentirmi strana, sono riuscita a dire non mi sento tanto bene, mi sono alzata per farmi accompagnare al bagno, e sono svenuta in mezzo alla sala a occhi sbarrati. Kind of cool.
La morte di Benazir Bhutto mi ha sconvolto.
Carla Bruni invece chi l'ammazza.
domenica 23 dicembre 2007
In biblioteca ho preso Dies Irae, di Giuseppe Genna (editore Rizzoli, per la precisione). Se ne era parlato molto in rete quando usci' l'hanno scorso, lo avevo anche sfogliato brevemente all'Ipercoop. Giuseppe Genna non mi ha mai convinto completamente. Ho cominciato a sentirlo nominare per la diatriba che ebbe con Wu Ming, che forse ancora si chiamava Luther Blisset, tanti anni fa ormai. Poi fecero pace, diventarono anzi amiconi, e questa specie di conversione, adesso e' uno dei due animatori di Carmilla, non mi convinse. Poi ha sempre da dire la sua, soprattutto sulla letteratura, scrive e afferma in modo compulsivo. Un insieme respingente per me. Sul sito del libro si legge una qualche recensione che lo definisce l'Underworld italiano. Si va be': come si diceva alle elementari, cala... Pero' il romanzo parla di Vermicino, ha una copertina assai bella, e' un tomone spessissimo, conta infatti 761 pagine, e a me la protervia delle grandi dimensioni mi fa sempre un certo effetto di sfida, che avrai mai avuto da dire, unito al fascino della costanza, di non perdere il filo per mesi o anni. Insomma, girellando per la biblioteca ho deciso di prenderlo, tanto se e' insopportabile lo smetto e lo riporto.
Per fortuna. Perche' invece e' un romanzo BELLISSIMO.
Le varie vicende si snodano dall'81 di Vermicino al febbraio 2006, un mese prima che il libro uscisse, e alle storie politiche e civili dell'Italia, nelle loro commistioni terrorizzanti, si affiancano le storie personali di tre personaggi, uno dei quali e' "io, Giuseppe Genna", il loro complicato personale e il contesto storico magnificamente portati avanti. Tra i capitoli, appaiono stralci del romanzo fantascientifico monstre Dies Irae che il personaggio Giuseppe Genna continua a scrivere compulsivamente nel corso degli anni. Lo stile e' eccessivo, logorroico, a momenti addirittura fastidioso, pero' sempre legittimo, pertinente, nella sua pretesa di dire di tutto, nominare tutto, con la parte finale in cui le parole parlano e criticano loro stesse, la parola definita come raggelamento dell'energia psichica che si autodenuncia aggiungendo ulteriore senso - mentre il corpo rattrappito in ogni sua forma, dalla violenza sessuale all'iconizzazione, arriva al rilassamento nel percorso romanzesco e alla trasfigurazione nel romanzo nel romanzo. Il libro brulica di citazioni in una specie di horror vacui da fine di civilta', si puo' riconoscere di tutto, dall'alto al basso, c'e' addirittura Emanuele Trevi, moltissimo Petrolio, Pynchon. Delillo poi permea tutto, due sue citazioni aprono la prima e l'ultima sezione, anche il legame tra intelligence e letteratura che e'teorizzata in termini identici, fino all'ultima parola del romanzo, e all'ultima parola del romanzo nel romanzo, che e' l'ultima parola di Underwold, solo ripetuta, logorroicamente, tre volte. Chi scrive oggi, soprattutto se vuole tempo, luoghi, storia nel proprio scrivere, non puo' certo prescindere da Delillo. Qui, contrariamente al solito, contrariamente ad altri romanzi (penso all'intollerabile Occidente per principianti) non c'e' lo scopiazzamento irritante retto da nessuna sapienza. E' piu' il tenere presente un maestro, un partire dal piu' grande.
In questo postmoderno maturo, con la storia fatta coscienza nelle sue alterazioni, viscosita', falsi movimenti, io ho aperto il libro e non l'ho piu' messo giu' finche' non l'ho finito, risucchiata da una lettura avvincentissima. C'e' qualche caduta minima, qui e la', ma niente che tolga un grammo di valore a questo romanzo.
Fa piacere, no?
Per fortuna. Perche' invece e' un romanzo BELLISSIMO.
Le varie vicende si snodano dall'81 di Vermicino al febbraio 2006, un mese prima che il libro uscisse, e alle storie politiche e civili dell'Italia, nelle loro commistioni terrorizzanti, si affiancano le storie personali di tre personaggi, uno dei quali e' "io, Giuseppe Genna", il loro complicato personale e il contesto storico magnificamente portati avanti. Tra i capitoli, appaiono stralci del romanzo fantascientifico monstre Dies Irae che il personaggio Giuseppe Genna continua a scrivere compulsivamente nel corso degli anni. Lo stile e' eccessivo, logorroico, a momenti addirittura fastidioso, pero' sempre legittimo, pertinente, nella sua pretesa di dire di tutto, nominare tutto, con la parte finale in cui le parole parlano e criticano loro stesse, la parola definita come raggelamento dell'energia psichica che si autodenuncia aggiungendo ulteriore senso - mentre il corpo rattrappito in ogni sua forma, dalla violenza sessuale all'iconizzazione, arriva al rilassamento nel percorso romanzesco e alla trasfigurazione nel romanzo nel romanzo. Il libro brulica di citazioni in una specie di horror vacui da fine di civilta', si puo' riconoscere di tutto, dall'alto al basso, c'e' addirittura Emanuele Trevi, moltissimo Petrolio, Pynchon. Delillo poi permea tutto, due sue citazioni aprono la prima e l'ultima sezione, anche il legame tra intelligence e letteratura che e'teorizzata in termini identici, fino all'ultima parola del romanzo, e all'ultima parola del romanzo nel romanzo, che e' l'ultima parola di Underwold, solo ripetuta, logorroicamente, tre volte. Chi scrive oggi, soprattutto se vuole tempo, luoghi, storia nel proprio scrivere, non puo' certo prescindere da Delillo. Qui, contrariamente al solito, contrariamente ad altri romanzi (penso all'intollerabile Occidente per principianti) non c'e' lo scopiazzamento irritante retto da nessuna sapienza. E' piu' il tenere presente un maestro, un partire dal piu' grande.
In questo postmoderno maturo, con la storia fatta coscienza nelle sue alterazioni, viscosita', falsi movimenti, io ho aperto il libro e non l'ho piu' messo giu' finche' non l'ho finito, risucchiata da una lettura avvincentissima. C'e' qualche caduta minima, qui e la', ma niente che tolga un grammo di valore a questo romanzo.
Fa piacere, no?
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