martedì 28 ottobre 2008



Facebook è come una droga. Ho delle difficoltà quasi insuperabili a provare interesse per il blog. Tutto ciò che mi viene da scrivere, lo scrivo su Facebook, poi vado a leggere i profili dei miei amichetti di Facebook, lascio i miei commenti, pubblico un video o un link, invio messaggi privati. Mi sembra interessantissimo, mi fa sentire molto in connessione. E mi fa sentire anche un po' ridicola, sì. Ma manco tanto.

mercoledì 22 ottobre 2008

Ieri in treno ho trovato "La Stampa". Qualcuno deve averlo letto da Torino a Perugia, per poi abbandonarlo sul sedile. Io l'ho raccattato e l'ho portato a Foligno con me. E' un quotidiano poco diffuso, qui, "La Stampa". Non è malaccio. Sono stata a Torino l'ultima volta nel dicembre 2006, quindi sono quasi due anni che non sfoglio "La Stampa". C'è una rubrica di lettere a Lucia Annunziata. Trascrivo la scambio di ieri. Il titolo è "La (messa in) piega della scuola italiana". La lettera fa così: "Ci sono notizie che fanno notizia e altre no. Il Corriere del 19 riporta questa dichiarazione del ministro Gelmini: 'Il mio fidanzato che mi vuole molto bene mi ha detto: se ti torcono un capello ci penso io'. La notizia ci rincuora. Lassù. al Nord, qualcuno ama Mariastella. L'ama talmente tanto da affrontare i 500 mila che le hanno sfilato contro il 17 a Roma. E qui la seconda notizia. Quel giorno, continua la ministra, 'sono rimasta all'Eur. Mi hanno consigliato di evitare viale Trastevere'. Allora che fa? Il cronista ci informa che 'se n'è andata da Renato, il suo parrucchiere'. Chissà come l'ha presa l'altro Renato, il ministro della funzione pubblica, fustigatore dei fannulloni. Invece di andare al ministero, come spetta ai dipendenti pubblici, la Mariastella si faceva scalare la chioma? O applicare balsamo sulle doppie punte? Qui l'informazione pecca. La scuola italiana, il Paese, non sapranno mai quale (messa in) piega avrà la politica scolastica. Renato, facci sapere. Anzi, chiedi a Mariastella come mai, il 18 e il 19 scorsi, la rassegna stampa del ministero dell'istruzione non risultava aggiornata. Ha una qualche attinenza con il successo della manifestazione di piazza o con gli esiti dell'acconciatura? Prof.ssa Elena La Gioia, iscritta al C.i.p. associazione aderente alla manifestazione del 17 u.s."
Mi sembra una lettera carina, che sottolinea la pochezza di un articolo dedicato a cazzatelle quando ogni spazio di un giornale potrebbe più intelligentemente essere utilizzato per commentare in modo congruo questa riforma della scuola così dirompente e criticata; inoltre prende un po' in giro la ministra basandosi su sue personali scelte di autorappresentazione, che mostrano appieno la donnetta che è; coglie anche dei comportamenti che cozzano con l'insopportabile retorica brunettiana sulla nullafacenza dei dipendenti pubblici. A me piace questa lettera. Però se non mi fosse piaciuta, e fossi stata la titolare della rubrica di posta, l'avrei cestinata e ne avrei pubblicata un'altra.
Invee che fa Lucia Annunziata? La pubblica e ne approfitta per dare una lezioncina di bon ton: "Gentile professoressa, immagino lei sappia che mi sono più volte espressa senza ambiguità a favore della vostra protesta, in particolare non amo il maestro unico né le classi separate. Dopo aver fatto una premessa così chiara credo dunque di potermi permettere di prendere le distanze da ciò che lei dice, sperando di essere capita: sono contraria all'insulto personale, a sminuzzare il confronto politico in pettegolezzi, all'usare i valori personali come indicazioni politiche. Insomma, non mi piace che lei parli della messa in piega della Gelmini, o della sua relazione, per farne esempi di parti per il tutto. La sua protesta e quella dei suoi colleghi è fatta a nome della dignità di vivere come si crede meglio, grazie anche a un lavoro che ha un senso e ha una remunerazione decorosa. La messa in piega non è parte di questa piattaforma: non è né un diritto né un difetto. E così le abitudini personali. Non mi piace questo attacco sessista alle ministre del Pdl, umilia anche me perché è l'uso del linguaggio che è sbagliato. A tutte le donne è capitato nella vita di avere nemici che preferiscono attaccare non per quel che fai o dici, ma umiliando il lato umano . Non ho mai usato questi mezzucci, e non lo farò mai. Si scontri dunque tutto il tempo che vuole con il ministro Gelmini, ma non si aggreghi a una deriva, che è, questa sì, umiliante anche per lei."
Ora, a parte l'italiano incerto - Lucia, ma che stai a di'?! Dov'è il pettegolezzo qui? La professoressa riprende, del tutto legittimamente, delle dichiarazioni della ministra stessa. La messa in piega non è né un difetto né un diritto, santa verità, però che la ministra potrebbe stare in ministero durante una fase così calda invece di andarsi a fare i capelli non mi pare un attacco personale.
Il grido al sessismo ogni volta che si dice "a" su una politica donna del governo Berlusconi (perché mi pare che le battutine sulla Bindi o sulla Turco passassero abbastanza sotto silenzio) meriterebbe una disamina a parte: mi limito a ricordare l'uscita infelicissima sull'altezza dell'insopportabile Brunetta che ha fatto proprio oggi D'Alema, per dire che l'insulto alle caratteristiche fisiche dell'avversario è abbastanza trasversale ai sessi. Berlusconi è nano e pelato, Fassino è un perticone, Gasparri c'ha la faccia da scemo. Per altro, mi sembra molto più sessista farsi difendere dal fidanzatino, onestamente.
Quindi, professoressa Elena La Gioia, se dovesse fare una ricerca su internet col suo nome capitando in questo post, voglio farle sapere che ha tutta la mia solidarietà, e che tutto quello che possiamo fare per demistificare la cialtronaggine di questo governo è un atto politico forte. [Il problema è quella imitazione che fece la Guzzanti dell'Annunziata. E' vero, era tanto stronza, nemmeno a me piacque come la prendeva in giro per gli occhi storti, oltre che per una certa ottusaggine: e l'offesa deve averla un po' accentuata, tra l'altro, l'ottusaggine]

venerdì 17 ottobre 2008

Io se fossi Saviano avrei scritto un libro bellissimo e coraggioso. Però se fossi Saviano non mi sarei fatta fare nemmeno una di quelle foto in posa col volto sofferto, anzi magari una anche sì da diffondere alla stampa, per non creare il mito alla Salinger, ma poi basta. Poi mi sarei rifiutata di diventare l'esperta ufficiale di camorra di questa o quella testata. Probabilmente mi sarei subito trasferita da qualche altra parte, avrei continuato a intervenire sul problema di tanto in tanto ma mi sarei rifiutata, diciamo da un punto di vista estetico-filosofico, di diventare un personaggio-eroe. Questo processo mediatico è il mio problema personale con Saviano. Eppure non tollero le critiche, spesso sguaiate, che lo tacciano di furbizia, di macchina per fare soldi. O quelli che questionano il libro con il fatto che non ha detto niente di nuovo: la sua forza è il racconto di una situazione, mica doveva dire qualcosa di nuovo, ma costruire il quadro di un contesto, una società, una cultura.
Sul valore letterario del libro, per me molto alto, nemmeno mi pronuncio. Faletti per tutta la vita a chi continua a sollevare la questione.
Io mi schiero però con la sorella di Falcone, se Saviano è stufo di questa vita, e mi stupirebbe il contrario, è bene che vada. Il mondo è grande, pieno di posti incredibili.
Perché restare in mezzo ai camorristi? Ma soprattutto, perché restare in mezzo a sta gente?
"Perché se venivano un mesetto prima [dei cinque mesi in cui sono state uccise 16 persone] potevano vedere tutta la popolazione di Casal di Principe, San Cipriano, tutti quanti, diecimila, quindicimila persone, tutti con la Madonna. A vede' portare la Madonna, a fare manifestazioni religiose. Non fate vedere solo la Casal di Principe che non ci rispecchia."
E' vero, fate vedere la Casal di Principe che li rispecchia. Sanfedisti del cazzo.

martedì 14 ottobre 2008

Ho aggiunto un nuovo blog ai collegamenti. Lo trovo scritto benissimo ed esprimente un'intelligenza superiore. Tanto per rimanere sul leggero, come post-prova leggete questo.

lunedì 13 ottobre 2008

Non sono mai stata allarmista. Ho sempre pensato che c'era una parte di Italia che avrebbe reagito, che avrebbe fatto da anticorpo, non si sarebbe mai andati troppo in là. Ho cambiato idea. Cioè, mi sbagliavo completamente. Il razzismo ormai è aperto e fiero. La notizia di oggi è questa, ieri c'erano i nazisti al seguito della nazionale in Bulgaria, ogni giorno c'è qualcosa, un pestaggio, un'aggressione, un qualche atto ostile. Con il corollario delle autorità che dicono "non è razzismo". Con quale logica si può affermare che un atto compiuto al grido "l'autobus è per gli italiani" non sia razzista mi sfugge del tutto. Mentre invece mi fa vomitare (come direbbe Guzzanti padre, ma non divaghiamo)che il commento del responsabile sicurezza del Viminale ai fatti di Bulgaria è stato: in Bulgaria fare il saluto fascista e inneggiare al duce non è reato. Mentre Maroni ritiene doveroso specificare che sì, il razzismo è brutto, ma lo è altrettanto la simulazione di razzismo che, immagino, non si stancano di inscenare quei furbi di tre cotte dei negri o marrucchini.
Sul blog di Beppe Sebaste, in questo bel resoconto di un giro a Torbellamonaca, il ragazzo che sostiene di essere stato salvato da Mussolini, dice anche "Quando ho saputo che hanno picchiato uno straniero ho provato un sentimento d’orgoglio".
Oddio, dobbiamo fare qualcosa. Ho già scritto del seminario che ho tenuto all'IPSIA, dove tutti i ragazzi, intelligenti e scemi, simpatici e antipatici, erano fascisti e contro gli stranieri. C'è da ricreare un altro racconto, un'altra proposta, un altro sistema. Ricreare, riprendere, che ne so. Però mettiamoci giù, non c'è più tempo.
Soprattutto bisogna intervenire. Mostrare che c'è l'orgoglio del non razzista, dell'antifascista. A me m'è toccato già mettermi a questionare due volte in treno e due in autobus, ormai da un paio d'anni. Mi imbarazza ed è contro la mia natura, ma che vogliamo fare, continuare a stare zitti mentre fasci e razzisti di ogni tipo non fanno altro che aprire bocca, felici che finalmente si può ammettere e gridare al mondo di essere fasci e razzisti?

domenica 12 ottobre 2008

Ho subito pensato a questo brano di La letteratura nazista in America, il libro fantastico di Roberto Bolano.
"[...] Scrisse, per esempio, una poesia in cui Leni Riefenstahl faceva l'amore con Ernst Junger. Un centenario e una novantenne. Tutto un cozzar di ossa e tessuti morti. Santo cielo, diceva Rory nella sua grande biblioteca fetida, il vecchio Ernst la monta senza pietà e quella puttana tedesca ne vuole di più, di più, di più. Una buona poesia: gli occhi dell'anziana coppia si infiammano di una luminosità invidiabile, si succhiano fino a far scricchiolare le vecchie mascelle, e guardano di sottecchi il lettore mentre danno impercettibilmente lezione. Una lezione chiara come il sole. Bisogna smetterla con la democrazia. Perché vivono tanto i nazisti? Prendiamo Hess, che se non si fosse suicidato sarebbe arrivato a cent'anni. Cosa li fa vivere tanto? Cosa li rende quasi immortali? Il sangue versato, il volo del Libro, la consapevolezza che hanno fatto il salto? (...) Ma qual'è il segreto della longevità? La Purezza. Indagare, lavorare, creare il millennio secondo diversi piani."
Però anche loro devono andare piano con la macchina.

P.S. Venerdì alla stazione di Falconara ho visto un nazista, che è sceso a Pesaro come me. Era alto e pallido, rasato, apparentemente sprovvisto di tono muscolare. Uno skinhead con la maglietta nera e degli orridi pantaloni in tessuto mimetico da neve. Aveva moltissimi tatuaggi, tra cui le parole "Italia" e "Dio Patria Famiglia" e, sul collo, il numero 88 racchiuso da una specie di ghirlanda. Era la prima volta che vedevo dal vivo il famigerato tatuaggio con la data di nascita di Hitler.
Io odio i nazisti.

mercoledì 8 ottobre 2008

Ho guardato il sondaggetto del sito di Repubblica su chi dovrebbe vincere il Nobel per la letteratura, e con sconcerto ho dovuto ammettere di non conoscere PER NIENTE i papabili francesi. Studio francese da quando avevo 11 anni, com'è che ho perso in modo così smaccato i contatti con la Francia, dove tra l'altro si mangia tanto bene? Sono stata indecisa per qualche secondo se votare Murakami o Philip Roth, poi ho optato per "Non lo so".

lunedì 6 ottobre 2008

Giovedì la mia linea telefonica fissa è defunta. Senza preavviso il telefono ha smesso di funzionare, e con lui, ovviamente, internet. Io ero in giro per conferenze e riunioni, sul tardi ho chiamato la Telecom, l'operatore e il suo marcato accento veneto mi hanno detto che avrebbero comunicato il guasto e che esso si sarebbe risolto in due giorni lavorativi, forse. Come forse? Vabe'. "Mannaggia, proprio stasera che c'era il dibattito Biden-Palin", ho fatto osservare a Jason. Che non aveva realizzato, e da quel momento è andato via di senno. Questo è il dibattito televisivo più importante del dopoguerra, continuava a ripetere con voce strozzata. Ho osservato che il fatto che lui lo potesse seguire in diretta o meno era del tutto ininfluente ai fini della storia dell'umanità, ma mi si è offeso. E' uscito di casa a cercare un internet point che fosse aperto anche dalle 2 alle 4. Poi è tornato, e alle 10 dormiva con Cosimo sul torace.
Il dibattito poi lo ha visto la mattina dopo. Il riassunto migliore lo ha fatto il Saturday Night Live.
Venerdì intanto mi si è rotto il cellulare. Fortunatamente si è spento per mai più riaccendersi solo dopo che Giovanni mi aveva invitato ad andare con lui alla tavola rotonda sulla letteratura per giovani adulti che era alla Provincia. Per inciso, che hanno di adulto gli adolescenti? Perché non si dice più, appunto, adolescenti? Se gli anglofoni si buttano giù dal muraglione ci dobbiamo buttare anche noi?
La tavola rotonda è iniziata in ritardo e io sono dovuta andare via alle sei. Io c'ero andata essezialmente per vedermi con Giovanni, invece è stata piuttosto interessante. I relatori sono stati molto brillanti, mi è dispiaciuto perdermi Sergio Rossi che dai resoconti penso mi sarebbe piaciuto, e che era venuto a pranzo a casa mia quando si abitava in via XX Settembre. Il dibattito mi ha ricordato, tra l'altro, quanto l'editoria sia un'industria che deve fare profitto e quanto il leggere sia un consumo come un altro.
Il mio bambino avrà cinque mesi sabato prossimo, io me lo metto seduto in grembo e gli sfoglio davanti uno dei bei libri illustrati per l'infanzia che uscirono tempo fa in edicola col Corriere della Sera, e che comprai perché prima o poi avrei avuto dei figli, gli indico i dettagli delle figure, gli leggo qualche riga; ho sempre letto, fino ai limiti della compulsione, sin dalla prima elementare, quando ho un minuto libero leggo, chi legge me lo sento più vicino di chi non legge.
Però mentre camminavo nel grigiume della prima vera sera autunnale dell'anno, dopo aver sentito tutti questi discorsi interessanti davvero sugli adolescenti che in verità leggono, non è vero che non leggono, questi tomoni fantasy o sentimentali o altro, che è la scuola che li disamora alla lettura perché loro in realtà leggerebbero, eccetera, e mentre mangiavo cercando di non sporcarmi un maritozzo gigante alla panna, mi chiedevo: ma in finale, perché è importante leggere? Che mi rappresenta se una sedicenne legge una saga di 10000 pagine scritta così così sull'amore tra una ragazzina e un vampiro, posto che io non sono l'editrice delle 10000 pagine? E' importante leggere libri belli, o la lettura è un valore in sé? Perché è meglio leggere che giocare alla playstation? Oppure andare a pesca, costruire una stazione metereologica, creare formazioni di fantacalcio o fare un'altra delle mille cose che si fanno da adolescenti? Cioè, anch'io penso che sia meglio in effetti, ma perché?
Poi sono arrivata a casa dei miei genitori, ho cenato, addormentato Cosimo, e mi sono stesa sul letto a leggere.
P.S. A scanso di equivoci, quando ho detto "tomoni fantasy o sentimentali" non cercavo di essere diminuitiva delle letteratura fantasy o sentimentale in tono, ben sapendo che esse possono vantare libri bellissimi (per la sentimentale dico sulla fiducia, non avendo molto frequentato il genere).
Aggiungo anche che Michael Ende è tedesco, il suo nome si pronuncia pertanto Mi-ka-el e non Michel come Michel Platini.