giovedì 29 gennaio 2009

Stamattina ho fatto tardi per mettermi al paro con il dibattito un po' agghiacciante che si è sviluppato sul blog di Loredana Lipperini riguardo a un fumetto appena pubblicato da Becco Giallo sul massacro del Circeo (mi trovo spesso in disaccordo con la Lipperini sulle questioni di femminismo, in questo caso concordo al 100%). Sono quindi uscita di casa alle 8 meno uno, e per non perdere il treno ho dovuto correre. Ho corso sul serio, in leggera souplesse come dicevano a scuola, ed è stato piacevole perché oggi è il patrono e non c'erano macchine. Davvero. Alle 8 le strade intorno al centro storico erano quasi deserte. Sono arrivata alle 8.12 (un ottimo tempo) al minimetrò, che oggi compie un anno. Solo che il minimetrò non funzionava, perché nei giorni festivi apre alle 8.30. Me lo ha fatto notare una corpulenta tranquilla signora di lingua madre russa, quando a voce alta ho chiesto perché tutti i varchi di accesso erano chiusi. "E' un dramma!" ho esclamato, pensando al seminario al quale non potevo assolutamente arrivare in ritardo fissato per le 10 a Foligno. La signora russa, con un sorriso pacioso e bonario che l'avrei abbracciata, ha ribattuto "No, non è dramma...".
"Ma io perdo il treno", mi sono sentita di specificare, per non passare per la ragazzina viziata a cui tutto deve andare per il verso giusto.
"Oh. Allora chiama taxi", mi ha suggerito, finalmente preoccupata.
Siccome, nonostante la mia stanzialità coatta, mi sento newyorchese nell'anima, ho il numero del radiotaxi memorizzato sul cellulare, così ho chiamato un taxi fino alla stazione. Bestemmiando ma neanche tanto ho sganciato 8 euro e 50 al tassista e ho preso il mio treno, dopo aver comprato il Corriere dell'Umbria.
Sul Corriere dell'Umbria ho letto l'intervista che quell'essere ripugnante di Spaccino aveva rilasciato tempo fa a una qualche giornalista e che era stata sequestrata dagli inquirenti. E' un essere ripugnante, indipendentemente da come finirà questo processo: ha picchiato e umiliato sua moglie sin dai tempi del fidanzamento, davanti ai figli, mentre era incinta. Ma ecco cosa ha risposto a una delle domande di questo questionario che gli è stato mandato in carcere.
Pensa a Barbara [la moglie uccisa all'8 mese di gravidanza, in un delitto di cui lui è il solo accusato]?
Penso a mia moglie sempre. Dico perché una cosa così terribile sia successa proprio a noi. Mi chiedo perché il destino abbia riservato una ingiustizia così grande a noi. La sera prima di addormentarmi mi metto sempre alla finestra a guardare le stelle. Ne ho notate due: una più grande e una più piccola e tutte le sere nello stesso punto. Penso che quella grande sia Barbara e quella piccola Elena [era il nome che avevano deciso di mettere alla bambina che stava per nascere]. Vorrei che abbandonassero il cielo per tornare a me."
Altre sei domande, altre sei risposte di questo tenore. Anche la ripugnanza può avere dei gradi, no? E' da stamattina sul treno che sono ossessionata dall'ipocrisia sentimentale di questa pagliacciata.
Il seminario è iniziato alle 10 e tre quarti. Ho buttato via 8 euro e 50.

lunedì 19 gennaio 2009

Dio esiste, Dio non esiste.
Oh, me ne fregasse qualcosa.

venerdì 9 gennaio 2009

Nel bellissimo libro che sto leggendo, ieri per pagine e pagine ho seguito un bambino di sei anni scendere dal treno al campo di sterminio, essere avviato alla camera a gas, fino alla morte. Poi, per altre pagine e pagine, il grande fisico Strum, che aveva fatto una scoperta fondamentale mentre era sfollato, nei dolori e nelle privazioni della guerra, rendersi conto che, in quanto ebreo, l'accademia delle scienze sovietica ha deciso di ostracizzarlo e metterlo da parte a favore di scienziati russi. Senza dirlo ancora apertamente, usando invece come scusa ufficiale e accettabile che la sua teoria è intrisa di idealismo occidentale, un po' come la teoria della relatività, e contraddice le teorie leniniste sulla natura.
In questi giorni tutti assistiamo all'attacco a Gaza. Sono per lo stop dei bombardamenti e per l'inizio di negoziati seri, veri, pesanti, in cui venga coinvolta tutta la regione, per arrivare ai due stati. Ma non voglio parlarne perché non ho niente di originale da dire, e il chiacchiericcio idiosincratico e gli slogan tra fazioni che si susseguono in questi giorni mi hanno nauseato. Dico nauseato così, tanto per dire, per spiegare in modo colorito che mi fanno schifo. Tranne in due occasioni. In due occasioni ho provato un vero senso di nausea fisica, di stordimento, di incapacità di accettare quello che leggevo. Reazioni completamente emotive, lacrime agli occhi.
Su Facebook c'è il profilo di un frego, un bravo frego, un compagno. Non lo conosco personalmente ma lo sento nominare da tanto, simpatico, esce, gioca a pallone, va ai concerti, vota il simbolo con la falce e il martello. Il 28 dicembre aveva questo status nel suo profilo (copio e incollo): XXXX pensa che se baffetto avesse finito, a suo tempo, la sua opera di sterminio, oggi avremmo avuto molti meno problemi in Palestina; Intifada fino alla vittoria!
Ci sono rimasta di sasso. Nessuno dei suoi oltre 200 contatti ha scritto una riga per mettere in discussione questa frasetta. Secondo me l'antisemitismo a sinistra va problematizzato. Di solito si dice che a sinistra c'è solo critica contro il governo israeliano. Non è vero niente, c'è anche l'antisemitismo vero, invece di farlo dire solo a Ferrara o Teodori diciamolo anche noi e combattiamolo attivamente.
Il 5 gennaio leggo in rilassatezza il blog di Luca Sofri, che a me piace e che visito quotidianamente. C'è un post sulle camicie Brook Brothers. Le camicia Brook Brothers sono quanto di meno interessante io possa concepire. Tant'è che se ne parla da decenni ormai, e io che ricerco qualsiasi stronzatella su Google non mi sono mai presa la briga neanche di dargli un'occhiata di sfuggita. Come saranno fatte ste camicie Brook Brothers? Boh. Ma tanto che c'ero clicco il link al blog di Christian Rocca. Christian Rocca è un paraculetto che scrive sul Foglio e ha un blog. Insopportabile. Niente delle cose che dice mi interessa minimamente, però per inerzia scorro i post precedenti, quasi tutti su Usa o Israele, leggo due righe di arguzia d'accatto e aggressività à la Ferrara però più quarantenne cinico ironico e autoironico, passo oltre. Ma su questo mi fermo. Lì per lì nemmeno capisco, e penso fugacemente "non mi dire che un destro come sto Rocca si mette a fare il parallelismo [peraltro idiota] tra Gaza e il ghetto di Varsavia". Ma no, molto peggio. Sono gelata. Il nostro piccolo genio sta comparando uno stato ricco, con uno degli eserciti più potenti del mondo, sostenuto dall'opinione pubblica internazionale e dall'unica potenza del globo, dallo standard di vita molto alto, la cultura vivace, ottime università, con il Ghetto di Varsavia. Non può essere vero. Penso alle migliaia di persone che hanno scavato le trincee, hanno nascosto le armi, si sono fatte coraggio per morire combattendo, senza soccombere alla violenza e alla sopraffazione, soli al mondo. Poi penso a Christian Rocca, davanti al suo computer Apple, tutto soddisfatto della provocazione, per aggiungere un altro po' di chiacchiera gratuita alla diatriba mai spenta se Hamas è come Hitler, o invece Israele è come Hitler, oppure l'Iran è come Hitler.
L'Olocausto, l'esistenza di Israele, il diritto dei palestinesi a uno stato sono materia per guizzi d'ingegno, boutades, partite a specchio riflesso.
Tutto è terribile.

martedì 23 dicembre 2008

Credere in questo e quello ti ha fatto stare male. Con metodi quali una raffazzonata meditazione desunta da articoli di giornale e documentari, e un comportamentismo tirato a indovinare, cerchi di arrivare al disincanto e, nel medio-lungo periodo, al cinismo.
Lo psichiatra vuole tutto, ti dici. Madri e padri biologici e putativi, zie e prozie, tramonti, visioni di deità tra le nuvole, schiaffi sul ponte o sul patio (ma qui ti stai confondendo, e sono rispettivamente un racconto ambientato a Klagenfurt e una canzone ambientata, presumibilmente, a Manchester), utilitarie anni Sessanta, pensi. Ma riflettendo riconosci che non è vero, puoi omettere tutto quello che vuoi perché lo psichiatra non ha altre fonti.
Va bene, ma allora che hai preso a fare due autobus, cambiando alla stazione?

[scorrendo l'agenda in via di dismissione ho trovato questi appunti per un racconto che poi non ho più scritto e che a questo punto non penso scriverò]

mercoledì 10 dicembre 2008

Quest'anno difficilmente riuscirò ad andare a Batik. Per dire, domani c'è un documentarista che dovrei incontrare per proporgli un'iniziativa da fare il prossimo anno, invece non posso perché Jason ha lezione di italiano e mia madre non voglio che ritorni verso Marsciano quando è buio e piove. Sabato poi devo andare a Roma per la manifestazione nazionale delle unità di strada contro il disegno di legge Carfagna sulla prostituzione. Domenica? Magari domenica proverò a fare un salto. Non ricordo cos'è in programma domenica.
L'anno scorso andai con Pupi a un incontro con Ronconi. Fu molto più bello di quanto mi aspettassi. Soprattutto rimasi abbacinata da Umberto Orsini, non posso negarlo. Cristo, quanti anni ha Umberto Orsini? Ecco, ho guardato su Wikipedia, ce n'ha 74, l'anno scorso 73. Un fascino stordente. Fisico asciutto e compatto, gesti casuali come guardare l'orologio che raccontano tutta una storia di disciplina del corpo e gusto dell'esibizione ma nello stesso tempo conservano un qualcosa di adolescenziale, un sacco da raccontare senza enfasi, ma ovviamente con una maestria e una voce da dipendenza fisica. Volevo passare in resto della mia vita con Umberto Orsini, dopo quell'incontro. Lo so, la gelosia retrospettiva per la gemella Kessler mi avrebbe avvelenato la vita, ma era un prezzo che mi sembrava accettabile da pagare. Invece, quando il parterre della tavola rotonda se n'è andato, io sono rimasta, anche per non fare uno sgarbo a Peppe. E non me ne sono comunque pentita, perché ho visto un pezzo della Medea che Ronconi aveva girato per la Rai, con Mariangela Melato che interpretava Cassandra, e anche quella è stata un'esperienza abbastanza limite (non posso non ricordare che stavo passando dal quarto al quinto mese di gravidanza, e che il profilo ormonale del mio organismo doveva essere abbastanza tumultuoso).
Anche l'incontro con Pippo Delbono fu fortissimo, l'anno scorso.
Vabe', ci saranno altre occasioni.

martedì 2 dicembre 2008

Quando iniziai a lavorare nel sosciale, undici anni fa, uno dei primi incarichi che ebbi fu una sostituzione estiva a casa di Aldo B. Per quattro ore a settimana, o forse sei, mi recavo nella sua bella casetta con il pavimento di cotto in fondo a via Eugubina, dove la campagna incalza e tutte le case hanno un orto e un pergolato, e tutto intorno ci sono i prati giù per il fianco della collina. Dovevo pulirgli casa, stirargli la roba, controllare un po' che non mangiasse troppo e si lavasse. Io e Aldo diventammo tanto amici. Mi raccontava le sue giornate ("la mattina vado al percorso verde a camminare, ci troviamo tutti lì, siamo un bel gruppo, quelli che c'hanno l'infarto, quelli delle vene, io che c'ho l'esaurimento..."), qualche episodio della sua vita di quando ancora lavorara alla Perugina, ma poco, perché c'era un punto, il punto della rottura del suo equilibrio psichico, al quale si arrivava immancabilmente e che lo turbava troppo, mi diceva del nipote che aveva comprato la Tigra e andava in vacanza sulla Riviera romagnola, da dove gli spediva con affettuosa regolarità cartoline con donne nude. Nell'accettare il lavoro, avevo naturalmente omesso di essere totalmente incapace nei lavori domestici. Spolverare spazzare e dare lo straccio è qualcosa che odio, ma che a mettermici riesco a fare anche bene. Il mio punto debole è stirare. Nessuno mi ha mai insegnato, e nella vita io non stiro le mie cose. Per andare a stirare da Aldo mi esercitavo anche a casa di mia madre, ma era difficile. Soprattutto le camicie, erano un incubo. Però Aldo se ne accorgeva, e dopo un po' che mi vedeva spostare a destra e sinistra la manica per riuscire a farla venire liscia cominciava a esortarmi "Ma dai Barbara, smetti che va bene, va bene così" e magari se la metteva sul momento, orrendamente spiegazzata. L'unico attrito nella nostra amicizia si verificava quando arrivava per lui il momento di fare la doccia. Non c'era verso. Le nostre diatribe duravano, letteralmente, ore. Io iniziavo con "Vatti a fare una doccia, che poi stai più fresco" e lui rispondeva con "Dopo". Man mano che le ore si consumavano io diventavo più insistente "Aldo, cammina, senti che caldo, fatti la doccia mentre pulisco la sala (o la camera, o la stanza vuota)", "No adesso non c'ho voglia, la faccio quando vai via", "No Aldo, falla adesso, perché bisogna discutere per una cosa così semplice?", "No adesso devo andare giù all'orto (o a comprare le sigarette, o a vuotare la spazzatura)" e intanto la voce vibrava un po' di snervatezza. Poi all'improvviso, non sempre però, prendeva e andava a fare la doccia. Tornava dopo mezz'ora tutto cambiato, con i capelli umidi, gli occhiali spessissimi sul viso arrossato, profumato di saponetta. Si abbandonava rilassato sulla sedia ed esclamava, immancabilmente: "Ah quanto se sta bene quando se fa la doccia. Proprio te rimette al mondo".
Casa mia è sempre in un disordine e una sporcizia da delirio. Qualche volta metto a posto, tipo domenica, perché veniva a trovarmi un amico che non vedevo da tempo. Quando poi mi trovo a vivere nelle stanze riordinate, con ogni cosa carina e al suo posto, passo le ore a dirmi "Quanto si sta bene quando la casa è pulita e in ordine. Proprio ti rimette al mondo". E penso sempre al mio caro amico Aldo.

P.S. Con Aldo ho lavorato due estati di seguito, ma poi ci sono rimasta in contatto perché stava sempre al circolo Arci di S.Erminio. Quando mi sono trasferita in via Italo Svevo siamo diventati vicini di quartiere. Lo vedevo spessissimo, gli ho presentato il mio fidanzato e poi gli ho annunciato che ci eravamo sposati. Accarezzava con piacere il nostro cane. Avrei tanto voluto fargli conoscere anche mio figlio, ma purtroppo è morto lo scorso gennaio. Io ero in vacanza con Boon e Eugene, quando sono tornata, facendo una passeggiata con la pancia già un po' cresciuta, ho letto il manifesto mortuario. Il funerale c'era stato quel pomeriggio, a Santa Petronilla, la chiesa in campagna dove lui andava spesso i pomeriggi, a chiacchierare col prete. Mi è dispiaciuto tanto.

mercoledì 19 novembre 2008

Ho portato fuori il cane e la giornata era stupenda, siamo andate al parco abbandonato sul fianco della collina, invaso dal sole. Era come a primavera, abbiamo giocato col guinzaglio, lei ha corso quasi con frenesia, avanti e indietro e in tondo, con me come centro del cerchio.
Verso le quattro sono uscita con mio figlio, ma la città era in ombra ormai, e la domenica le vie per andare in piazza Cavallotti, dove il negozio gestito dai pakistani rimane aperto, sono quasi deserte. Si era alzato molto vento, Perugia era tutta completamente grigia senza nemmeno un punto di colore. Cosimo ha pianto tanto, forse stranito dal freddo, cercavo qualcosa di allegro da mostrargli, un fiore, una tendina, non c'era nulla. Mi sono accoccolata a fianco del passeggino per dirgli qualcosa, ho visto le mie mani molto rugose in quella luce insensibile, atona. Ho continuato a camminare verso piazza Grimana, dove almeno le fronde degli alberi erano verdi, ma di un verde molto scuro, e una ventina tra ragazzi e ragazze giocavano a pallacanestro nel campetto di cui si è letto, di recente, nella cronaca nera internazionale. Passavano pochissime macchine, i rumori rimbombavano in una sorta di vuoto per me inspiegabile dal punto di vista fisico. Cosimo non la smetteva di piangere.
Mi è sembrato di capire com'è essere vecchi.